giovedì 26 aprile 2012

Lettera aperta

Mi rivolgo a te,
essere indegno di chiamarsi uomo.
Nemmeno la belva più feroce,
sanguinaria e ferita ti assomiglia.

Esseri come te, esecrabili figure,
vermi striscianti su questa terra,
ma il verme ha uno scopo di vita,
non meritano di esistere.

Perché, se solo potessi parlarti,
ti chiederei soltanto perché,
con quale diritto, a nome di che
compiere questo crimine orrendo.

Hai strappato un fiore,
ne hai rovinati i petali,
annullato il profumo,
distrutto la terra che l’ha generato.

Mi vergogno, dal più profondo dell’anima,
di camminarti accanto, di vederti ogni giorno,
di respirare l’aria insieme a te, di sfiorarti,
tra la folla che non sa, o non vuol sapere.

Rimane un’unica speranza,
in questa tragedia senza nome,
che se non saranno gli uomini a giudicarti,
lo sarà chi ti ha dato la possibilità di esistere,

a Lui l’ultima sentenza,
quella senza appello,
definitiva.
Per Yara e per chi, come lei,
ti ha  conosciuto.


Francesco 28/2/11

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